Ogni testo che qui viene pubblicato ha sicuramente il suo perché.
Ma ci sono testi che ti entrano fin dentro le viscere.
Testi che ti scuotono dentro fino a farti male.
E se fanno male a te che leggi, comprendi come sia indescrivibile il male che hanno vissuto coloro che hanno vissuto i fatti che essi raccontano.
Storie come questa che leggerete, storie come quella di Moncef Ziadi, ci fanno capire fino in fondo come debba essere destato e nutrito in noi il sentimento della Compassione. Non una pietà pelosa, ma la Compassione di chi è uomo tra gli uomini.
Moncef era una persona onesta, che veniva da un’infanzia dura, e che aveva fatto tanti sacrifici per trovare un lavoro, farsi una famiglia, costruire la sua esistenza. Qualcosa interviene a destabilizzarlo profondamente e a farlo sprofondare in un abisso, dove, a un certo momento, avviene l’irreparabile.
Ricorda che potevi esserci tu al posto di Moncef.
Ricorda che a volte basta un attimo per cadere..
Pensa a lui imprigionato da un senso di colpa infinito.
Allungagli la mano come a un fratello di sangue.
Io credo che sarebbe importante che Moncef Ziadi ricevesse tante lettere.
Credo che sentire intorno a sé la vicinanza di tanti potrebbe aiutarlo.
Vi lascio al testo dove lui racconta gli eventi tragici che lo hanno portato in carcere.
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“NON SONO STATO CAPITO”
Testimonianza di un detenuto nel carcere di Padova.
Correva l’anno 1997, a quell’epoca conobbi una ragazza che, dopo cinque anni, diventò mia moglie. Tutto andava liscio finché mia moglie rimase incinta.
Prima abitavamo a Brescia, poi abbiamo deciso di trasferirci in una località del mantovano dove abita tuttora la mia ex suocera. Il motivo del trasferimento era una scelta obbligatoria perché mia moglie è figlia unica e aveva bisogno dell’assistenza della mamma, così ci siamo trasferiti.
Nel 2002 nacque nostro figlio Omar. In quel momento pensavo di avere creato il mio piccolo regno felice, anche perché avevo tanto sofferto nella mia adolescenza in Tunisia.
In realtà la nostra vita divenne un inferno senza via d’uscita. La mia ex suocera diventa insopportabile, invadente, controllava tutto. Non capivo il motivo di questa possessività, non capivo il suo cambiamento. Quando abitavo a Brescia non era così nei miei confronti. Era spesso a casa mia, anche per motivi banali mi chiamava.
Dopo qualche mese mia moglie ha ripreso il suo lavoro. A quell’epoca io lavoravo nel settore dell’autotrasporto, quindi capitava di stare fuori di casa per diversi giorni. Non avevo dei tempi certi per il riposo. Un giorno, per motivi di salute, tornai a casa. Ero sicuro di trovare mia moglie. Ma non è stato così. Mia moglie aveva sostituito una collega.
Rientrando in casa trovai mia suocera. Dopo averla salutata, mi recai in doccia. Poi mi sono spostato in camera da letto per cambiarmi. In quel preciso momento accadde l’incredibile. Mia suocera entra con una scusa in camera da letto, ero semi nudo, mi prese alle spalle e mi baciò in bocca, rimasi freddo. Pensai che mia suocera aveva avuto un momento di debolezza, o era uscita pazza. Subito l’allontanai e le dissi: “Cosa stai combinando?”. La invito a lasciare casa e a non fare più queste porcherie e di non creare scompigli nella mia famiglia. Non ho raccontato nulla a mia moglie perché pensavo che quello che era successo non dovesse succedere mai più. In realtà era solo l’inizio.
Lei continuava a venire a casa ed io provavo un forte imbarazzo, perché l’avevo vista sempre come la mia mamma. Non avrei mai pensato a un gesto simile, anche perché era stata sempre gentile e disponibile, ma non riuscivo più a guardarla negli occhi. Mia moglie notava questo cambiamento e a volte ero brusco anche con lei, anche se, poverina, lei era la vittima.
Non riuscivo a raccontare il gesto di sua madre, primo per non metterle contro, e secondo per il motivo che avrei creato un’instabilità dentro la mia famiglia. Poi non mi sentivo di fare perdere la mamma a mia moglie. Era l’unica familiare che aveva, ma non riuscivo più a tenere un rapporto sincero con mia suocera, anche per il motivo che se ci avesse riprovato sarei caduto nella tentazione.
Allora, quando mia moglie mi chiedeva il motivo di questo cambiamento quando c’era la presenza di sua madre, le rispondevo con delle scuse, “tua madre vuole invadere la nostra casa” o “tua madre vuole gestirci e vuole comandare”. Mi inventavo di tutto per non farla venire quando io ero presente.
Mia moglie inizia a dirmi che ero cambiato. Pensava che avessi trovato un’altra donna e che volevo allontanarla da sua madre. A volte mi diceva che ero sempre legato alla mentalità araba, che volevo dominare tutto. Inizio a cadere in depressione profonda, dove non ho più controllo di me. Inizio a prendere degli psicofarmaci, inizio a bere bevande alcoliche, inizio a fare uso di stupefacenti, non capivo più nulla. Finché una sera stavo per fare un incidente mortale con il camion, così arrivo a perdere anche il lavoro e vado in crisi totale.
Cosa mi resta da fare?
Tento il suicidio. Per mia sfortuna riescono a salvarmi. Non riesco più a gestire la situazione familiare, anche per il motivo che ero pieno di psicofarmaci, alcool, ecc.
Non chiedevo aiuto a nessuno, per il motivo che non ero capito, non riesco a gestire più nulla.
Cerco di fare il gesto più sbagliato della mia vita. Racconto a mia moglie la storia di cosa era successo con sua mamma. Succede un finimondo, mi dice che volevo allontanarla da sua mamma. Perdo il controllo totale e in quel momento commetto un gesto terribile. Quello di uccidere di mia moglie. Il gesto più indegno che ho potuto fare nella mia vita. Ho ucciso la madre di mio figlio. Ho distrutto tutta la mia famiglia. Ho tolto una figlia a una mamma. Anche se ha avuto un comportamento non piacevole, dovevo capire che mia suocera doveva essere aiutata e non ci sono arrivato a portarla da un dottore. Ho sbagliato tutto. Se oggi ho ricevuto una condanna a trent’anni di reclusione, c’è un motivo. Ma con tutto questo, mia moglie non me la ridarà più nessuno. Non sarà più vicina a suo figlio, non sarà più vicina alla sua mamma. Spero che l’istituzione con questa condanna mi aiuti per un rinserimento, e per farmi capire cosa ho determinato, anche se sarà molto dura vedere un futuro e di essere seguito nonostante il sovraffollamento delle carceri.
Oggi faccio parte della Redazione di Ristretti Orizzonti, e inizio a farmi un esame di coscienza, grazie anceh alle testimonianze che sento raccontare dai miei compagni.
Voglio chiudere con il dire che la peggior condanna è di avere tolto la vita ad una persona, vivere tutti i giorni con la colpa di avere reso orfano mio figlio.
Ho distrutto tutto.
Padova Maggio 2014
Moncef Ziadi