Le Urla dal Silenzio

La speranza non può essere uccisa per sempre.

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Racconto di un sopruso nel carcere di Bologna.. di Benito Macrì

Tramite la nostra Pamela, che a sua volta l’ha ricevuto da Giovanni Lentini -detenuto nel carcere “La Dozza” di Bologna e amico storico di questo Blog- ci è giunto questo esposto che Benito Macrì -un compagno di Giovanni- ha inviato al Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna.

Benito vuole che questo documento venga pubblicato, perché si sappia come la violenza fisica e psicologica sia una costante in tante carceri.

Nella storia che leggerete non c’è stato nessun pestaggio, ma stava per esserci se Benito non si fosse adeguato agli ordini perentori dell’ispettore, che non ha preso (stando a quello che racconta Salvatore) in nessuna considerazione le sue contestazioni (quelle che lo avevano portato a chiedere di parlare con l’ispettore).

Anche se non c’è stato pestaggio..stava per esserci.

Anche la violenza non consumata, è violenza, è strumento di pressione, di ricatto, sottomissione. Vedere gli agenti che si mettono i guanti di gomma, pronti a mettere in scena il rito “fatti i bicipiti col detenuto”.. minacciarla come si fa coi cani randagi..  è già di per se stesso un trauma, è come “strizzare” dentro una persona, strizzarla l’anima come un asciugamano bagnato.

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Al Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna Dott. Maisto

Il sottoscritto MACRì BENITO, nato a Crotone il 13/08/1970, attualmente detenuto presso la CC di Bologna, espone quanto segue affinché si vogliano fare accertamenti e, di conseguenza, prendere provvedimenti necessari per non far ripetere eventi umilianti, degradanti, poco edificanti e che non rientrano nel trattamento educativo previsto dall’ordinamento penitenziario.

Mercoledì 9 maggio 2012, alle ore 14:30 circa, sono entrato nel carcere della Dozza dopo aver fatto sosta, per 4 ore, in celle fatiscenti dell’accettazione, sono stato accompagnato al 3° piano sezione B del reparto di Alta Sicurezza. Erano le 18:30 quando mi è stato detto dall’agente di turno della sezione 3B di entrare nella cela 23. Io ho adagiato le borse contenenti i miei indumenti davanti la predetta cella, ho aspettato che l’agente mi aprisse il blindo per entrarvi;

quando l’agente ha aperto la cella, il detenuto che c’era dentro mi ha fatto notare che i posti erano entrambi occupati e che il suo compagno di cella era in ospedale e che sarebbe tornato il giorno dopo, e che, se fossi entrato io, lui sarebbe stato costretto ad andarsene in isolamento. Sentito tutto ciò e costatando che effettivamente i letti erano già sistemati con lenzuola personali, mi è sembrato brutto entrare in una cella dove entrambi i letti erano occupati: avrei dovuto disfare il letto del compagno detenuto per poterne avere uno mio (cosa che dopo sono stato costretto a fare).

Nello stesso tempo ho notato che il detenuto Schettino Alberto, ubicato nella cella 2 del 3° B, era stato declassificato e lo stavano accompagnando al 2° piano, quindi da lì a poco si sarebbe liberato un posto dove potermi sistemare senza creare disagi a nessuno.

Ho detto all’agente di poter essere ubicato nella cella 2. Lui mi ha detto che dovevo entrare per forza nella 23. Io gli ho detto che non potevo entrare in una cella dove non c’era nemmeno un letto dove potermi coricare ed ho chiesto di farmi parlare con un ispettore.

Dopo nemmeno 10-15 minuti, è arrivato un ispettore che con 7-8 agenti non mi ha dato nemmeno l’opportunità di esporre il problema che si era creato, mi ha invitato ad entrare in cella, io stavo cercando di spiegare cosa era successo, ma lui con toni perentori, ha ordinato agli agenti di mettersi i guanti e di chiudere i blindi delle altre celle (in modo che nessuno dei compagni detenuti vedesse cosa stava accadendo). Lui stesso ha messo i guanti e chiuso gli spioncini del blindo della cella 22. Quando ho visto tutto ciò ho capito che stavano per picchiarmi, mi sono impaurito e sono entrato in cella senza opporre alcuna resistenza.

Allora mi chiedo: cosa mi sarebbe successo se non fossi entrato in cella?

Per quanto sopra esposto, chiedo alla S.V. di voler prendere atto di quanto accaduto e prendere provvedimenti necessari per evitare che si ripetano violenze del genere.

A conferma di quanto esposto, si citano come testimoni i seguenti compagni detenuti del 3° B, che hanno assistito inermi all’infausta e umiliante vicenda.

*Si fa presente altresì che a causa di questo esposto, in data 18 maggio 2012 ho subito un consiglio disciplinare e mi sono stati inflitti 8 giorni di isolamento.

 Benito Macrì.

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